Whistleblowing

Nuova disciplina del whistleblowing – D.Lgs. 24/2023

News a cura di:
dott. Massimo Scarpetta, Esperto Amministrativo e di Organizzazione & Membro della Consulta Nazionale CNEC
avv. Alessandro Piccioli, Avvocato & Membro della Consulta Nazionale del CNEC

Il Decreto Legislativo 24/2023, nel dare attuazione alla Direttiva Europea 2019/1937 del Parlamento Europeo, ha allargato la platea dei soggetti obbligati a predisporre, tra l’altro, un idoneo canale di segnalazione per la gestione delle segnalazioni (c.d. whistleblowing) su determinati fatti illeciti coinvolgenti sia la pubblica amministrazione che il settore privato. La riforma si applica al settore pubblico e privato e non ha previsto disposizioni o esclusioni specifiche per gli enti religiosi. Si ricorda che nel settore privato, nel cui ambito rientrano gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono destinatari della disciplina i soggetti che:
1) hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
2) rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione in merito ai (servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;
3) sono dotati di personalità giuridica o sono società e associazioni anche prive di personalità giuridica a cui si applica il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e che adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, indipendentemente dal numero dei lavoratori subordinati impiegati.
Al momento è stata prevista una graduale entrata in vigore della nuova disciplina: per i soggetti con una media nell’ultimo anno di almeno 250 lavoratori dipendenti, l’obbligo è entrato in vigore lo scorso 15 luglio, mentre per quelli con una media nell’ultimo anno di almeno 50 lavoratori, l’obbligo sarà effettivo dal 17 dicembre 2023. Con il Decreto Legislativo in oggetto sono state ampliate sia le condotte meritevoli di segnalazione, sia la platea dei soggetti che possono inviare la segnalazione.
Si riporta, con riferimento alla predisposizione del canale “interno” per le segnalazioni, un estratto delle “linee guida” adottate dall’ANAC con delibera n. 311 del 12 luglio 2023:

«I canali di segnalazione interna devono garantire la riservatezza, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, ove siano utilizzati strumenti informatici:
– della persona segnalante;
– del facilitatore;
– della persona coinvolta o comunque dei soggetti menzionati nella segnalazione;
– del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Inoltre, al fine di agevolare il segnalante, a quest’ultimo va garantita la scelta fra diverse modalità di segnalazione:
– in forma scritta, anche con modalità informatiche (piattaforma online). La posta elettronica ordinaria e la PEC si ritiene siano strumenti non adeguati a garantire la riservatezza. Qualora si utilizzino canali e tecniche tradizionali, da disciplinare nell’atto organizzativo, è opportuno indicare gli strumenti previsti per garantire la riservatezza richiesta dalla normativa. Ad esempio, a tal fine ed in vista della protocollazione riservata della segnalazione a cura del gestore, è necessario che la segnalazione venga inserita in due buste chiuse: la prima con i dati identificativi del segnalante unitamente alla fotocopia del documento di riconoscimento; la seconda con la segnalazione, in modo da separare i dati identificativi del segnalante dalla segnalazione. Entrambe dovranno poi essere inserite in una terza busta chiusa che rechi all’esterno la dicitura “riservata” […]. La segnalazione è poi oggetto di protocollazione riservata, anche mediante autonomo registro, da parte del gestore.
– in forma orale, alternativamente, attraverso linee telefoniche, con sistemi di messaggistica vocale, ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole. La gestione dei canali di segnalazione è affidata, alternativamente:
– a una persona interna all’amministrazione/ente;
– a un ufficio dell’amministrazione/ente con personale dedicato, anche se non in via esclusiva;
– a un soggetto esterno.
[…] Chi gestisce le segnalazioni è necessario possieda il requisito dell’autonomia, che, ad avviso di ANAC, va declinato come imparzialità e indipendenza… In particolare, i soggetti che gestiscono le segnalazioni devono:
– laddove si tratti di soggetti interni, essere autorizzati al trattamento dei dati personali da parte degli enti e quindi essere destinatari di una specifica formazione in materia di privacy;
– nel caso di soggetti esterni, questi sono responsabili del trattamento in base ad un accordo appositamente stipulato con l’amministrazione/ente [].
Nel settore privato, la scelta del soggetto cui affidare il ruolo di gestore delle segnalazioni è rimessa all’autonomia organizzativa di ciascun ente, in considerazione delle esigenze connesse alle dimensioni, alla natura dell’attività esercitata e alla realtà organizzativa concreta. Ciò, fermo restando il rispetto dei requisiti previsti dal legislatore. […]
I canali interni devono essere progettati in modo da consentire un accesso selettivo alle segnalazioni solo da parte del personale autorizzato e rispettare la tutela della riservatezza e la disciplina sul trattamento dei dati personali […]».

Accanto al canale di segnalazione “interno”, la citata normativa ha introdotto anche un canale di segnalazione esterno, predisposto e gestito dall’ANAC (autorità nazionale anticorruzione) che, come sopra riportato, il 12 luglio ha approvato il relativo regolamento e le linee guida. In determinate condizioni, inoltre, la nuova normativa prevede la possibilità per il whistleblower di effettuare la segnalazione attraverso divulgazione pubblica, anche tramite la stampa o mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone.
Si evidenzia che il mancato adempimento degli obblighi relativi alla predisposizione dei canali di segnalazione (interni o esterni) può comportare pesanti sanzioni amministrative pecuniarie da 10 mila a 50 mila euro, con previsione per le violazioni più gravi anche sanzioni di carattere penale. Pertanto, sebbene per gli enti religiosi non siano state previste disposizioni specifiche, tuttavia, è fondamentale, al ricorrere dei requisiti organizzativi e/o dimensionali previsti dalla suddetta normativa, dotarsi delle procedure per la gestione del “whistleblowing” che siano ritenute più idonee secondo l’assetto organizzativo dell’ente.